Misantropia.it

Siamo solo di passaggio e mai nessuno che pulisce

Centosettesimo

COMUNICAZIONE DI SERVIZIO: SABATO 4 APRILE 2009 I SENZANORMA SUONANO ALLA LOCANDA DELL’IMPERATORE VIA CAVAGNE 8B SONCINO (CR).

Allora, ci sono sei spagnoli e un italiano, ma non è una barzelletta. E’ una serata.
D’accordo può sembrarlo, ma quando sei tra i protagonisti sortisce lo stesso effetto di una barzelletta difficile. Ci vuole tempo prima di ridere. Di riderci sopra.
Ci sono sei spagnoli, ma facciamo un passo indietro.
<< Rragacci, questo fine de sema…setimana vengono amici da Huelva achì. No està problema, vale? >>
<< Nessun problema Pablo. >> Laconica risposta a qualcosa di ovvio: che saranno mai un paio di amici dalla sua città.
Cinque.
Cinque più cinque fa dieci. Otto, perchè Francesco e Gabriele sono tornati al paese per lo fine semana.
La prima sera passa di striscio, Galafhouse in trasferta, tutti fuori – Gabriele e Francesco dovevano ancora partire – loro all’aperto forti dello spirito a diluire il sangue ed il vento gelido dei giorni scorsi ad evitare i loro corpi da andalusi rodati al caldo, noi chiusi in una fraschetta a parlare ed a cercare di portare il livello etilico all’intoleranza climatica.
Missione fallita, serata flop e rientro a casa (noi) senza nulla da segnalare e rientro a casa (loro) con la luce della prima mattina.
La seconda sera << Nicola ecci con noi>>.

Centoseiesimo

Punk, Mod, Rude-Boy, Skinhead, Red-Skin (Sharp), Teddy Boy, Metallari, Rocker, Grunger, Dark, Goth, Emo, Casual, Underground, Clubber, Wasp, Hippy, Rasta, Yuppie, Hiphoppettari, Discotecari, Gabber(ini/ine), Pariolini, Sancarlini, Zecche, Fighetti e Sfattoni. Vegetariani e Vegani, Carnivori e Onnivori. Prendo un po’ di fiato. Tutta questa classificazione genera scompiglio, ma è – molto sommariamente – un piccolo glossario subculturale giovanile. Dagli anni ’60 in poi, escluso il termine WASP (mi dicono), ben più antico.

Scopro di conversazione in conversazione quanto si possono ammantare le tempeste dentro mettendole sottovuoto. Scopro salici piangenti travestiti da betulle e vengo ballonzolato rinchiuso in un amnios di malinconici ricordi ad ematocrito molto, molto basso.

Mentre ascolto mi tornano alla mente tutte le classificazioni di cui sopra, annotate di fretta sulla mia agendina per non scordarmele – ne passano di avversi alla memoria da queste parti -, realizzando in conclusione quanto siano una lontana e sbiadita esemplificazione d’appartenenza e/o rivalità.
Realizzo quanto (io) sia antagonista di me stesso e complice dell’attimo, solo nel momento in cui passa. L’attimo non è propriamente come ce lo immaginiamo, ho usato quella parola forse a sproposito. Un attimo fatto di periodi, di giornate e, soprattutto, di eventi.

Centocinquesimo

Comunicazione di servizio:

Galafhouse ha l’ultimo coinquilino.

Ho un nuovo compagno di stanza.

Direttamente dall’Andalusia – sì Pà, conosce proprio quelle zone – : Pablo.

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Me ed il nuovo compagno di viaggio. Fino a luglio.
(Non parla ancora italiano, vediamo che succederà…)

Centoquattresimo

Lezione 5 – allegro, andante, moderato.

Non ne potevo davvero più. Di non combinare un cazzo. A dire il vero di cose ne ho fatte, ma non ho avuto la forza di scriverle. Non che ne servisse chissà quanta, ma una serie di eventi volti al ridimensionamento annuo mi hanno provato.
Ora che ci penso, superare in aspettativa quanto offerto dal 2008, per il 2009 dovrebbe essere una passeggiata. In discesa col vento a favore.
La visita del fratello non è andata esattamente come me l’aspettavo. Una serata (quasi) all’attivo e i due giorni successivi con la febbre e a letto. Mi faceva tenerezza con quella testa a palla da biliardo dello stesso colore del cuscino.
Il fatto è che ci tenevo. Volevo rendere quei quattro giorni striminziti a disposizione qualcosa di memorabile, mastodontico, maestoso. Un musical: “4 days 4 Bros” o qualcosa del genere. C’avevo anche pensato al titolo, c’avevo. Niente da fare, un piccolo fiasco. E potente delusione.
Ma dopo il danno arriva la beffa. Sennò, che gusto c’è.
Il caro Marco è stata la vittima designata del contagio. Tra panico e quarantena avevo un terribile sospetto poi tramutatosi in realtà:

Centotreesimo

Scemando nel nero, passando da striature bianche e fondali rossi, oltre le alture dei pensieri leggeri. La realizzazione dell’inconfutabilità data dai moniti dell’esperienza, che forse tutto questo torto non l’avevano.

Roma, a cavallo dei 24/25 dicembre 2008.

Gente cordialmente socievole, nuove conoscenze davanti agli occhi.
Spettri inconsistenti e taglienti dietro gli occhi.
E’ caldo il Natale delle case, con la contrapposizione del freddo fuori dalla finestra, seduto su questo tavolo di metallo freddo addobbato a velluto rosso per nascondere la sua natura, sembra che tutto voglia portare ad un aulico abbraccio.
E la gente che ho attorno mi sorride, ed è un miracolo lo stesso.
Manca l’elettricità questo Natale, me lo dite voi come si fa senza? Niente luci dai molteplici ritmi intermittenti, niente alberi addobbati, niente stanze illuminate, niente frenesia sballata che abitualmente accompagnava i venticinque dicembre da anni ormai.
Non c’è niente che non vada, semplicemente, non c’è. E per quanto mi sforzi di far passare l’animo nell’abbraccio collettivo, alla fine provo ripugnanza.

Centoduesimo

Passare nell’esplosione storica di questa città è un’esperienza a tratti mistica. Li vedi sparsi un po’ dappertutto, ruderi e mutilati architettonici di un’epoca passata, antica. Eppure puoi percepire ancora la sua imponenza nelle cose rimaste e grazie al cielo custodite. Sono lì, trasudanti la loro furbizia e pronta a sbattertela in faccia, con quell’alone di mistero pronto a dirti:

Potete sondarmi,
mi potete studiare,
ma fino in fondo
non mi potrete mai capire.

Una visione del tutto personale dell’agglomerato fanta-ipnotico raccolto attorno all’Altare della Patria, alias la macchina da scrivere sito in Piazza Venezia che per una settimana mi sono ostinato a chiamare Porta Venezia manco dovessi andare in Corso Buenos Aires a fare spesa per Natale.

Centounesimo

Un mercoledì sera.

Ieri sera ho visto un uomo piangere. Piangere per una convinzione a mio avviso errata, col candore appassionato capace di prendermi ogni volta che sento una sorta di sopruso non condiviso, m’infiammo.
Dall’altra parte, in risposta, lacrime. Come se fossero state lo sfogo aspettato da una vita o giù di lì. Ne sono rimasto sconvolto. Mi c’è voluto un bicchiere di rum per riuscire a sedare lo sgomento cui – tanto bravo a placarlo a vista quanto incapace di chiuderlo nel vasto recinto gastrico – mi son trovato assoggettato.
Ma facciamo un passo indietro.
Per la seconda volta negli ultimi tempi si propone serata me/amico, visto il successo della precedente edizione.

SMS: Nick, raggiungimi a San Lorenzo1 sono con una compagnia di Torino. Simpaticissimi.

D’accordo, ci vediamo là.

SMS: Sono al xxxxxxxxxxxxx. Se non sono fuori sono dentro.

Cazzo ci farà fuori col freddo di questi giorni” è stato il pensiero del momento.

Centesimo

Questo è il centesimo post di misantropia.it.
Questa è la centesima volta che imbratto queste pagine.
Quanto segue, è, prima di tutto doveroso – da parte mia – e non è solo il caso a fare in modo che per la centesima volta, l’argomento sia violentemente personale.

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Sono sempre stato restio a scrivere della brutta gente che ha avuto il fegato e lo stomaco di sopportarmi nonostante il passaggio delle ere.
L’era post-studio.
L’era pre-lavorativa.
L’era lavorativa.
L’era nomade e l’era post-cataclisma.
Almeno, per quanto mi riguarda.

A voler pettinare daccapo le persone appartenenti a quella cerchia, di certo ho dei nomi e

Novantanovesimo

RAGAZZI HO TRE NOTIZIE DA DARVI: UNA BUONA, UNA MENO BUONA E UNA CHE NON SAPREI…

  1. Quella buona, per me, è che misantropia.it comincia ad avere una certa visibilità.
  2. Quella brutta è che un robot – no, non centrano né C1P8 o R2D2 (secondo generazione) e nemmeno il Bimby – una di quelle cose che postano messaggi a caso con link zozzi nei form1 dei vari siti che riescono a trovare – e qui vi rimando al punto 1 (Se è la seconda volta che leggete questa riga, passate oltre: il punto 3).
  3. Tempo fa hanno ritrovato il mio cane. Io ho provato a scriverne qualcosa, ma sono in un periodo confuso – tanto per cambiare. Al punto di non essere riuscito a portare a termine il micropezzo. Cosa che ho prontamente fatto ora che la faccenda è pubblica (so che non può essere sfuggito l’articolo).

Novantottesimo

Qualche settimana fa mi è arrivata al bar la consueta merce ordinata.
Tra le varie cose c’era anche una latta di olio di cocco per i pop-corn e, mentre trafficavo con Jack nel delicatissimo intervento di sostituzione della vecchia latta, leggo l’indirizzo della ditta che lo produce: via xxxxxx, n° xx, Bagnolo Cremasco.
Lì per lì mi sono solo limitato a scherzarci su con Jack, riguardo la curiosa coincidenza con Mordor, non facendoci più caso.

Oggi, mentre rabboccavo il secchio di mais da scoppio, l’occhio mi è ricaduto sull’intestazione.
In cinque secondi la mia mente è scesa dalle scale del cinema, ha imboccato la strada in direzione della tangenziale di Roma uscendo all’imbocco del Grande Raccordo Anulare, quindi ha percorso il tragitto fino a raggiungere il casello dell’A1 direzione Firenze e,

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