Scemando nel nero, passando da striature bianche e fondali rossi, oltre le alture dei pensieri leggeri. La realizzazione dell’inconfutabilità data dai moniti dell’esperienza, che forse tutto questo torto non l’avevano.
Roma, a cavallo dei 24/25 dicembre 2008.
Gente cordialmente socievole, nuove conoscenze davanti agli occhi.
Spettri inconsistenti e taglienti dietro gli occhi.
E’ caldo il Natale delle case, con la contrapposizione del freddo fuori dalla finestra, seduto su questo tavolo di metallo freddo addobbato a velluto rosso per nascondere la sua natura, sembra che tutto voglia portare ad un aulico abbraccio.
E la gente che ho attorno mi sorride, ed è un miracolo lo stesso.
Manca l’elettricità questo Natale, me lo dite voi come si fa senza? Niente luci dai molteplici ritmi intermittenti, niente alberi addobbati, niente stanze illuminate, niente frenesia sballata che abitualmente accompagnava i venticinque dicembre da anni ormai.
Non c’è niente che non vada, semplicemente, non c’è. E per quanto mi sforzi di far passare l’animo nell’abbraccio collettivo, alla fine provo ripugnanza.