Siamo solo di passaggio e mai nessuno che pulisce

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Centotreesimo

Scemando nel nero, passando da striature bianche e fondali rossi, oltre le alture dei pensieri leggeri. La realizzazione dell’inconfutabilità data dai moniti dell’esperienza, che forse tutto questo torto non l’avevano.

Roma, a cavallo dei 24/25 dicembre 2008.

Gente cordialmente socievole, nuove conoscenze davanti agli occhi.
Spettri inconsistenti e taglienti dietro gli occhi.
E’ caldo il Natale delle case, con la contrapposizione del freddo fuori dalla finestra, seduto su questo tavolo di metallo freddo addobbato a velluto rosso per nascondere la sua natura, sembra che tutto voglia portare ad un aulico abbraccio.
E la gente che ho attorno mi sorride, ed è un miracolo lo stesso.
Manca l’elettricità questo Natale, me lo dite voi come si fa senza? Niente luci dai molteplici ritmi intermittenti, niente alberi addobbati, niente stanze illuminate, niente frenesia sballata che abitualmente accompagnava i venticinque dicembre da anni ormai.
Non c’è niente che non vada, semplicemente, non c’è. E per quanto mi sforzi di far passare l’animo nell’abbraccio collettivo, alla fine provo ripugnanza.

Ottantanovesimo

-21 giorni e posso lasciarmi alle spalle questa estate vagamente fredda e tu su di un’isola lontana. Non ci sarò all’aeroporto, ma per tutto il resto.

Settantasettesimo

Di rabbia e d’affetto (della critica e dell’approvazione)

Ai conigli mannari, tanto teneri quanto terribili, riflesso della loro patetica mimica da sofferenza indotta.

Ed avete quel che meritate.

Agli ingenui, vittime di giochi oltre la loro malizia. Vittime e basta, non si perde un minuto per render pietà alla preda giacché quello è il suo ruolo nella catena alimentare.

Ed avete quel che meritate.

Ai bravi a tempo determinato, capaci d’esser perfetti nella loro realtà distorta tra noia dell’esser se stessi e giochi ingannevoli al prossimo. Siete anche voi vittime della vostra pochezza e grandi quanto le vostre gesta.

Ed avete quel che meritate.

A chi parla a sproposito, forza la ragione e mente a se stesso: ma con che coraggio alzate ancora gli occhi?

Ed avete quel che meritate.

Quarantasettesimo

Adoro i miei coinquilini.

“Ragazzi, non ci sono storie, prima di partire per le vacanze si va fuori a fare una cena a base di pesce!”

[…]

“Ragazzi, allora, ‘sta cena, quando?”

“…Domani?”

“Eh, no, domani non posso, sono a cena con un’amica che poi parte.”

“D’accordo, mercoledì?”

“Eh, no. Giovedì vado a sciare e mi devo alzare presto: mi rovino la serata così”

“Allora facciamo Giovedì sera! è, è?”

“No, giovedì io lavoro.”
“Io esco a far serata altrove.”

Quarantatreesimo

[…]
[14:38:32]
LaFede dice
nonostante qui, quando quattro ragazzi, incidentalmente anche omosessuali, vanno a prendere un caffè, si ritrovano scritto sullo scontrino “1 marocchino e 4 caffè per i 4 ricchioni”*?

[14:39:06]
LaFede dice
i romani dovrebbero venire più spesso in gita premio in questa ridente e ospitale città profumata di smog…

[14:39:30]
Nicola dice
Beh, le battute sui “ricchioni” le si fanno dappertutto.
[14:39:32]
LaFede dice
errata corrige: 1 marocchino e 3 caffè

[14:39:42]
Nicola dice
Anche in un bar di Madrid, sono pronto a scommetterlo.
[14:39:45]
LaFede dice
si, ma non te lo scrivono sullo scontrino….

Trentesimo

Cerchiamo di non perdere del tutto quel poco di poesia che mi è rimasta.
Cerchiamo di rosso esattamente quell’insieme di idee che mi balenano nel cervello in questo momento.
Cerchiamo, anche se non costa fatica per nulla.
Cazzo.

Se ci poteva essere un motivo riguardo al fatto del mio non-scrivere, credo sia da ricercare esattamente in un antro pigro della mia mente – viene facile pensarlo. Così non è.
Non questa volta.

L’autunno qui a Mordor è vettore di un assortimento emozionale talmente vasto e vario, da lasciare sorpreso anche uno stronzo misantropo, facile alla noia, come me.
I colori caldi buttati fuori da chi sotto quel sole caldo dell’estate, c’è stato ogni singolo giorno in cui ha battuto sulle nostre teste, l’aria che acquisisce connotazioni sempre più pungenti.
La luce che tarda, la mattina, a svelarsi a noi.

Diciottesimo

Visto che non so cosa scrivere, mi limito a postare certe immagini di repertorio, magari pure senza didascalie – ma anche no. Queste immagini vanno dalle serate durante le prove con i ragazzacci del gruppo, a quelle fatte nel locale di Marco, per passare da un luogo in cui è in via di sviluppo la “creatura”, eccetera eccetera.
Non abbiatene a male con me se non aggiorno, ma è un periodo di discrete evasioni mentali, c’è stato il passaggio dalla stagione più intransigente, a quella che – speriamo – dovrebbe essere più dolce, c’è stato un susseguirsi di eventi attinenti a me che in qualche modo stanno sortendo un’esplosione silenziosa.

Diciassettesimo

Serata cultural-artistica, come ogni volta che Pà ha ‘dda fa ‘na mostra, se ne vedono di belle. D’accordo, anche di donnine, ma la parte che prediligo sono le installazioni di questa squadra che ormai comincio a conoscere e che, di volta in volta, sa sempre come stupirmi.

Premettendo che l’installazione di Pà, questa volta, è frutto del trio “Satana, Lucifero e Belzebù”, in cui la sua mente malata è stata in grado di concepire un lavoro di bell’effetto, come ogni volta.

Sedicesimo

Incubo di una notte di mezzo inverno

Ho sognato una lucciola. No, non “quel genere” di lucciole. L’insetto, intendo. Una lucciola.

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Volteggiava silenziosa scandendo il suo volo con morbide sequenze luminose, compariva e spariva in vari punti della stanza, buia.
Ora sparisce, dopo un accenno di visibile volteggio, per ricomparire vicino a me.
Sono sdraiato sul divano, a pancia sotto; riesco a percepire la presenza del piccolo insetto con la coda dell’occhio, ma non ne sento alcun ronzio.

Passa un istante e la scena si sposta: sono in una zona che so di conoscere, ma che non riconosco; con uno di quegli scooter di grossa cilindrata percorro la strada per rientrare a casa, ma superato il primo viale ben illuminato, una rotonda centrata da una grossa fontana circolare ed il ponte che sovrasta il fiume, mi ritrovo nella totale assenza di luce.

Undicesimo

[…] << Domattina devo andare a MediaWorld, poi posso rintanarmi >>
<< Oh, ma domani mattina non c’è nemmeno la Marcella che traffica con gli “aspirapolveri”, quindi possiamo dormire a consumo >>
<< uhm… hai ragione, domani è lunedì e magari di mattina è chiuso >>
<< Guarda che domani, comunque è martedì. Non so te, ma il mio calendario mi dice che è martedì >> .
E’ l’effetto della Torre Bianca. O della serata in sé. Un po’ per l’abbandono ai quotidiani impegni, un po’ per l’essere arrivato qui, tutto – e proprio tutto – perde di qualsiasi utilità: dagli impegni, al calendario.

Dopo aver subito una discussione tutta famigliare da cui, abilmente, mi sono tirato fuori ed ho prodotto – a tempo record per il download/registrazione/utilizzo-software in collaborazione con gli incredibili strumenti macromedia – l’orologio sovrapposto al bascardo, ho recuperato l’ultimo angolo di forze e mi sono proiettato sulla macchina al fine di imporre una tappa (dopo quello cui mi avevano sottoposto me lo dovevano) a prendere qualcosa che aumentasse la possibilità del ritiro della patente durante il tragitto Mordor/Monza, alla volta della suddetta Torre Bianca.

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