Buongiorno Pianeta Terra! Sono le 13.59 di un soleggiato mercoledì nove novembre 2016 qui a Roma e la notizia del giorno è l’elezione del nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America.
SIGLA
Dopo una roboante maratona elettorale spettacolarizzata alla maniera grossolanamente diretta made in USA (leggasi ‘Murica), ancora una volta il risultato finale è stato l’opposto di quello che si pensava.
Qualcosa comincia ad andare storto alla stampa delle carte d’imbarco: risultava solamente nel volo fino a Barcellona nel display dell’operatrice al banco della compagnia aerea, ma visto i recenti casini successi a Parigi non c’era molto da preoccuparsi.
“Non c’era molto da preoccuparsi” che comunque, nella mia scala di ansia da aeroporto, funziona più o meno così:
Scala di una persona normale
|—–1—–2—–3—–4—–5—–|
T MT P PP A MA DIC
Scala mia
|—–1—–|
PP A/DIC MDIC
T: tranquillo
MT: meno tranquillo
P: preoccupato
PP: parecchio preoccupato
A: agitato
MA: molto agitato
DIC: dito in culo
MDIC: molto dito in culo
Da notare la minore estensione della scala personale dovuta alla mia generale ansia da viaggio da mezzo pubblico, dove finché non ho il sedere sul mezzo, mi sento come quando hai la limatura di ferro rovente nel letto. Come sarebbe a dire che avete mai avuto della limatura di ferro nel letto?
Ad ogni modo, arriviamo a Barcellona in serata, le ore a disposizione sono poche, ma ho una dannata voglia di tapas e birra Estrella a fiumi, quindi senza perdere tempo lasciamo i bagagli al deposito e ci tuffiamo in città
Giustamente non troviamo nessun locale utile lì per lì, quindi ripieghiamo nel primo posto utile a menù pescifero a buon mercato.
Ovviamente gestito da orientali.
Appena finita la cena, decidiamo di passeggiare in città, ed è in quel momento che siamo passati davanti a una ventina di locali con tapas e paella.
Praticamente il riassunto della mia vita.
Per il rhum digestivo, siamo stati in QUESTO locale e ve lo consiglio. Se volete bere del rum agricolo invecchiato 30 anni nel malleolo trafugato dal cadavere del CHE, beh, quello è il posto che fa per voi. Lì ce l’hanno di certo.
Una simpatica lista del locale.
Al rientro all’aeroporto abbiamo fatto in tempo a vedere un piano allagato dalla perdita d’acqua di qualche negozio, ma niente di particolare rilevanza, così, il giorno dopo, saremmo partiti alla volta di Parigi…
Ci sono un sacco di cose che diamo per scontato.
Diamo per scontata la possibilità di dormire sotto un tetto e su una superficie morbida ogni notte.
Diamo per scontato il pasto quotidiano.
Diamo per scontato il perfetto funzionamento del nostro corpo trovando mille modi per lamentarci di cose dell’entità di moscerini in confronto alle cose di cui realmente ci si dovrebbe preoccupare.
Ormai è appurato: a noi occorre prendersi meno sul serio. Me lo ripetevano amici che vivono dall’altra parte del mondo, amici che vivono fuori dallo stivale, e ultimamente c’è pure stato un articolo su Meryl Streep che ci spingeva a prenderci meno sul serio.
Io meno sul serio mi prenderei molto volentieri, ma ci sono situazioni in cui scherzare viene veramente difficile.
Il caldo del deserto. La devozione a Dio di certe persone materializzata in qualcosa di invisibile ma tangibile. Il fiato di Allah sul collo a ricordarti l’ora della preghiera. Il muezzin a squarciare il silenzio con la sua litania al calar del sole che brucia tutto. Il sole come l’orifizio di un’immensa creatura fatta d’inferno. Le cose inanimate dai colori sbiaditi, impietoso risultato di quel bagliore incessante. Un fabbro invisibile con un martello di luce. Le cose animate dai colori sgargianti, sfacciato risultato della materia organica. Scherzo ingegnoso di chi sa giocare con la luce riflessa.
Ogni anno c’è la ricorrenza del primo incontro stagionale con il blu in movimento. E stavolta è capitato ridosso al mio natale. Ridosso ad un weekend che mi ha visto prendere l’indispensabile e cacciarlo a forza dentro lo zaino, per catapultarmi in un ambiente finalmente familiare, distensivo: il personale abbandono ai ritmi caotici di una settimana normalmente feroce.
Ho avuto la fortuna di accedere alla rete già nei primissimi anni della sua diffusione massiva. Eravamo a cavallo fra il ’96 ed il ’97, il modem ventotto e otto era più veloce del quattordici e quattro che era più veloce del novemilasei, se non ricordo male, la velocità con cui comunicavano i fax.
Devo tornare indietro di qualche anno. Far scolare tutta l’acqua passata sotto ai ponti attraverso il mio setaccio mentale, scassinare i compartimenti stagni in cui ho depositato i ricordi, prendere tutti quelli che lo riguardano e rileggerli. Daccapo.
Lo so, la formattazione del testo nei post singoli non è corretta.
So anche che è pesante, che era meglio prima eccetera eccetera.
Il fatto è che dovevo modificare quell’interfaccia, ma fra il lavoro nuovo ed il trasloco e la festa d’addio alla casa, insomma, il tempo è quello che è.