DI GETTO

<<Allora, ti dicevo, non c’è nulla di logico, dici tu? Io dico di no, invece, la sua logica ce l’ha. Come? Sì, sì! Me ne dia mezzo chilo, e anche di quelle mele là, sì, quelle verdi. Non è illogico il suo modo di reagire, devi capire che non ha mai superato il trauma, e ora, se si ritrova in ospedale, è perché ha reagito secondo quello che doveva fare.
Scusa, mi prendi quel sacchetto dal tipo? Io intanto pago alla cassa.
Ok, ok, non hai niente da dire, ma non puoi restartene lì a guardarmi con quella faccia: quello che si poteva fare l’abbiamo già fatto, no?
Di là per i pomodori. Devi sapere che un anno fa dovevamo andare a Trieste per un concerto offerto da emtivvì, non che la cosa fosse particolare, ma almeno era un pretesto per andarci.
Eravamo sul treno che portava appunto a Trieste, tutto va tranquillo finché in una stazione secondaria… non ricordo nemmeno il nome, ma eravamo praticamente arrivati, saltano su un gruppo di ragazzini.
No, non voglio i San Marzano, voglio il pachino, sì, quattro grappoli, esatto!
Scusami. Comunque, salgono su questi ragazzini e iniziano a parlare animatamente tra di loro. Sai, le solite cazzate – Quattro, quattro, sì, quattro! Cristo che baccano – dicevo: le solite cazzate tra ragazzini, io prendo per il culo te, tu prendi per il culo me, e così via.
Nel gruppo c’erano anche tre ragazze, coetanee e tutt’altro che a disagio in mezzo al gruppo.
Alle ultime quattro stazioni sul treno è salita tanta di quella gente da metterci tutti incollati alle pareti del vagone.
Qualcosa va storto. Dalle parole cominciano gli spintoni e la gente che c’è attorno è un po’ su di giri e s’incazzano con i ragazzini.
Pochi secondi dopo e si era già perso ogni senso civile là dentro, schiaffi da una parte, spintoni e pugni dall’altra – iceberg, AISBERG, A-I-S-B-E-R-G sì, quella – e quei ragazzini erano vicini alla porta del treno. Così uno grosso, davvero grosso, perde la testa e spintona con tutta la sua forza uno di questi ragazzini e la porta cede.
Lui ha cercato di prenderla, ma le è sfuggita. “Di un centimetro” – ecco, tenga il resto – continuava a ripetere, “di un centimetro”… era fuori di sé.
Di là adesso.
Il fatto è che quella ragazza stava appoggiata alla porta con la schiena. Non c’era spazio, non ce n’era. E per di più erano da tre fermate che continuavano a guardarsi.
Per cui smettila di fare congetture, semplicemente ha visto quella ragazza – sì, mi dia mezzo pollo, sì, quello lì – ha visto quella ragazza l’altro ieri appoggiata alla porta del treno, e le ha solo chiesto di spostarsi, di scambiarsi posto.
Sono stati i suoi amici, quel tipo, che ha iniziato ad alzare la voce, lui non voleva averci nulla a che fare, chissà cosa gli è saltato – e le patate, sì, grazie se me le offre sono più contento – per la testa in quel momento, ma l’ho visto, l’ho visto in faccia ed era preoccupato, spaventato.
Quel tipo aveva un coltello, di quelli piccoli, per “fortuna” – diciamo -, e dopo avermi immobilizzato ed aver assestato ad entrambi pugni e calci in faccia ed allo stomaco, gliel’ha infilzato in pancia. E nessuno è venuto ad aiutarci, capisci? Per fortuna che la batteria del mio cellulare ha retto per la chiamata al centodiciotto, ma non c’era nessuna provocazione, nessuna arroganza da parte nostra.
Quanto? Sette €uro? E’ un furto! Va bene, va bene, pago, ma la prossima volta lo sconto è? Ci tengo!
Ecco, devi capire che è stata solo la sua apprensione per allontanare prima di tutto un incubo del suo passato.>>