Chiedo venia per l’assenza, ma era tutt’altro che ingiustificata. Nell’ultima settimana mi son trovato davanti ad una sequenza di incidenti tecnologici da richiedere l’intervento di un esorcista, prima di risolvere il problema.
Ora, eccomi di nuovo qua. Non che sia successo chissà che cosa in questi giorni, ma l’ultimo fine settimana si è manifestato in una sequenza di eventi quantomeno insoliti.
Vengono a prendermi nel pomeriggio di sabato, con la proposta di un agriturismo in quel di Forlì, ma poi – per una coincidenza di disorganizzate organizzazioni – abbiam dovuto ripiegare con qualcosa di ancor più improvvisato.
Dunque il compito mio nella serata è accompagnare Lella (zia del sottoscritto – con l’obbligo di cancellare quel titolo prima del suo nome per tutta la serata) ed amica (avvenente quarantenne con un’innata capacità ad attrarre maschi di tutte le età allo stesso modo con cui del mangime attira dei pesci affamati in un acquario).
Il sipario si apre in una discoteca in prossimità di Varese, nulla nuovo: un parcheggio invasato di auto, dei parcheggiatori che scappano mentre cerchi da loro informazioni sul posto libero e tanto freddo, ambientazione comune in questo inverno e sinceramente pure troppo.
Una cosa balza all’occhio da subito, ed è l’eterogeneità della gente. Per una nottata intera ho visto una gamma d’età variabile dai quattordici ai settant’anni, tutti divisi o mescolate in sale con generi per tutti i gusti.
Pur non essendo un grande estimatore degli ambienti, devo ammettere che dove mi sono trovato era un locale gigantesco e ben fatto.
Girando nelle sale mi sono accorto di quanto sia scontato il meccanismo d’accalappiamento sessuale che si sviluppa lì dentro.
Ho visto certe espressioni sulle facce di cinquantenni, da ricordarmi certe foto segnaletiche di serial killer. Al che ho tirato un sospiro di sollievo: certi ambienti sono rimasti mediamente merdosi, come li ricordavo.
Non tutti però. Nelle due piccole salette dove davano musica latino americana la pista era un insieme di coppie affiatate e talmente brave nell’esibirsi in salsa, bachata e merengue, da togliere ogni sogno di gloria a qualsiasi principiante.
E c’era anche parecchia musica dal vivo.
Nella sala principale una band abbastanza brava proponeva gli ultimi successi dance e pop, comunque in versione ballabile. Divertente era la schiera di maschietti posti a bordo palco, o agli estremi della pista, immobili, fissi verso l’attraente e sensuale cantante, con tanto di filo di bava sul bordo delle labbra: dopo tutto siamo latin lovers!
La parte che mi ispirava di più del locale, come la fortuna vuole, era anche l’unica ala inaccessibile – sospetto fosse la parte estiva.
Alla chiusura della discoteca ci facciamo guidare da un caro amico – sacrificato nella serata al fine di accompagnare il sottoscritto e di dare l’incipit – verso un bar frequentatissimo per le colazioni dei nottambuli. Un posto dove per raggiungere il bancone si doveva ingaggiare una sfida a gomitate, tra sguardi di ragazzi e ragazzi incrociati tra di loro con la stessa trama fitta di una tela di ragno.
Tornando a casa sono stato costretto a tenere una velocità media più vicina ai duecento chilometri orari che ai cento, al che ho immaginato un’ipotetica scena futura:
interlocutore X: ”Nicola, ma ti han ritirato la patente?”
me:”eh sì, mi ha fermato che ero oltre i limiti…e di tanto. Pensa che di solito non ‘tiro’ più di tanto, ma mia zia quella sera aveva fretta…”
Morale della serata: non lo so, ma non ci vuole poi molto per trovare cose nuove attorno. L’importante è togliersi certi pregiudizi, ed essere disposto a prendere le cose che accadono per come accadono, e non per altri motivi. Del resto, la mia misantropia ha una forte ragion d’essere.
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